“Le associazioni tra professionisti possono essere collegiali, flessibili e liberatorie. Per quanto talvolta male assortite, inefficienti e rallentate dalla necessità di confronti continui tra gli associati, esse rappresentano tuttavia uno dei più riusciti modelli di business che il mondo abbia mai visto”.
“Di conseguenza, i leader o, per meglio dire, i veri leader di successo richiedono l’opinione dei propri associati con molta maggiore frequenza di quanto non facciano, ad esempio, i leader di una società quotata”.
“Ogni leader risolve la questione a modo suo. Uno di essi, ad esempio, ha deciso di delegare parte del suo lavoro a qualche associato particolarmente ambizioso. Un altro, invece, ha fatto in modo che almeno le posizioni principali
dei piccoli network che compongono il suo grande studio professionale fossero rappresentate all’interno del gruppo dirigente”.
Young 2008
L’articolo di Laurie Young citato è uno dei testi di cui si consiglia la lettura, in quanto molto utile per evidenziare i punti di forza e di debolezza del modello dell’associazione professionale. In ciascun paese, la legge offre a chi decide di operare sotto forma di studio professionale varie alternative tra cui scegliere. Come è ovvio, ciascuna soluzione comporta una serie di implicazioni, quali:
Se si decide di dare vita ad un nuovo studio professionale in forma associata, si dovrà partire da zero. All’inizio non ci saranno direttive, procedure, sistemi o risorse su cui appoggiarsi, se non quelle legate al sapere collettivo degli associati dello studio. Ecco perché è di importanza fondamentale mettere per iscritto le nuove direttive, a mano a mano che esse verranno definite, in maniera tale che tutti all’interno dello studio siano messi a conoscenza delle modalità di lavoro adottate dallo studio. Elaborare e mettere a punto le proprie metodologie di lavoro richiede una quantità di tempo considerevole. A questo proposito si rimanda all’Appendice 2.4 e al Caso di studio 2.1 per un esempio di organizzazione dello studio. Se si decide di entrare a far parte di uno studio associato già avviato, se ne ereditano, nella buona e nella cattiva sorte, i sistemi, i processi, le direttive e la filosofia. Questa può apparire una soluzione più rapida e semplice rispetto al dover cominciare da zero, ma significa anche che potrebbe essere molto difficile riuscire a modificare l’impostazione dello studio e soprattutto la mentalità degli altri associati, quando si ritiene che esistano modi diversi e migliori di agire. Acquisire una quota di uno studio esistente comporta il pagamento di una cifra considerevole ai vecchi associati, per compensare l’eventuale diminuzione delle rispettive quote dei profitti. In alternativa si potrà convenire che la quota versata confluisca nel capitale di esercizio dello studio. Ovviamente, l’importo della quota richiesta ad ogni nuovo associato varia da studio a studio, ma in tutti i casi questo sistema dovrebbe offrire il vantaggio di garantire un livello ragionevolmente prevedibile di utili e/o acconti sugli utili. Avviare uno studio associato, d’altro canto, potrebbe comportare una spesa minore in un primo momento, ma
richiederebbe un periodo più lungo per cominciare a realizzare utili (ovvero acconti sugli utili, stipendi, ecc.) in misura significativa. I primi guadagni ottenuti, infatti, potrebbero dover essere reinvestiti per coprire le maggiori spese dovute all’aumenta attività dello studio o per finanziare ulteriori investimenti nelle strutture necessarie per il suo funzionamento. Nei modelli di associazione più semplici, tutti gli associati contribuiscono in egual misura al finanziamento dello studio, partecipano nella medesima misura alla ripartizione degli utili e tutti sono coinvolti nel processo decisionale. Questa formula viene spesso utilizzata nella prima fase della vita di uno studio associato, generalmente caratterizzata dalla condivisione degli obiettivi e dal reciproco rispetto tra gli associati. Quando lo studio associato assume dimensioni maggiori (ad esempio quando il numero degli associati sale acinque o più) il livello di complessità è destinato a salire, a motivo della diversità delle competenze professionali e dei rapporti interpersonali che si vengono a creare. Il potere decisionale potrebbe essere riservato ad un piccolo gruppo di associati; gli utili potrebbero essere ripartiti in maniera diversificata, in rapporto ad una serie di criteri quali l’anzianità o i risultati ottenuti da ciascun associato, in relazione a quelli ottenuti dagli altri; anche le quote sociali potranno non essere tutte rigorosamente uguali. Di questo ci occuperemo con maggiore dettaglio nelle pagine che seguono. Questo modello di studio associato offre i seguenti vantaggi:
I potenziali svantaggi di questo modello sono:
L’Appendice 2.1 contiene una checklist che può essere utile per la selezione degli associati di uno studio, mentre, in Appendice 2.4, i Casi di studio 2.2 e 2.3 illustrano come può essere strutturato uno studio associato che riesca a valorizzare le capacità e i punti di forza di ciascun associato.
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